di Antonio Alcaro e Alessandra Di Nucci
L’ESPERIENZA DI “PSICOLOGI IN ASCOLTO”
Dopo circa un anno dalla diffusione della pandemia vorremmo aprire uno spazio di riflessione sulle conseguenze psicologiche della pandemia e delle misure restrittive attuate dal governo per prevenire i contagi. Tale riflessione parte dall’esperienza di “Psicologi in Ascolto”, un’associazione che da circa 10 anni opera in tre aree della città di Roma (vedi mappa) fornendo servizi di consulenza, orientamento e cura psicologica. A partire da aprile 2020 abbiamo messo in piedi un osservatorio sugli effetti della pandemia, chiamato “psi-COVID-19”, basato sia sull’osservazione diretta degli utenti dei nostri servizi che sull’uso di test in grado di “misurare” lo stato di benessere psicologico (CORE-OM, vedi Palmieri et al., 2009). Pertanto, desideriamo condividere l’esito delle nostre osservazioni, sperando così di stimolare ulteriori interventi da parte di soggetti e realtà operanti nel campo della salute mentale.
Già a partire dai mesi di aprile e maggio 2020, alcune prestigiose riviste scientifiche internazionali hanno pubblicato i primi dati sulle conseguenze del periodo COVID per lo stato di salute mentale della popolazione (Xiang Yu-Tao et al. 2020; Brooks et al., 2020; Shigemura et al., 2020; Park Seon-Cheol et al., 2020). Tali dati sono stati confermati e arricchiti da alcune ricerche più recenti, che mostrano come nel 2020 si registra un incremento nei livelli di stress e un aumento di sintomi ansioso-depressivi, insonnia, irritabilità, disturbi ossessivo-compulsivi, ipocondria, disturbi psicosomatici, sviluppo di dipendenze e, infine, ideazioni suicidarie (Camilli, 2020, Pierce et al., 2020). Tutto questo è ancora più evidente per le persone già affette da disturbi mentali, a causa di una inevitabile recrudescenza di sintomi e difficoltà (Rizzo, 2020). Molti esperti ritengono peraltro che il peggio dovrà ancora arrivare, in quanto la crisi economica non potrà che amplificare i vissuti di precarietà, solitudine e incertezza che già caratterizzano la nostra epoca.
Sebbene la necessità di potenziare interventi di supporto psico-sociale sia stata riconosciuta sin dai primi mesi della pandemia (Xiang Yu-Tao et al., 2020), i servizi pubblici di salute mentale hanno dovuto ridimensionare la portata degli interventi a causa del rischio di contagio, sacrificando molto spesso proprio quelle attività terapeutiche e riabilitative orientate a combattere l’isolamento e a favorire il reinserimento socio-relazionale (vedi studio “OpenPolis, 2021”, riportato da Paola D’Amico, 2021). D’altro canto, molti servizi privati propongono sempre più massivamente consulenze e psicoterapie on-line, rischiando così di colludere con la tendenza all’isolamento tecno-mediatico.
In tale contesto, la nostra associazione ha cercato, di mantenere una presenza attiva e concreta nei territori, cercando, quando possibile, di motivare gli utenti a uscire di casa per recarsi personalmente nelle nostre sedi, attrezzate e organizzate in modo da prevenire i rischi dei contagi. Abbiamo infatti convenuto che il primo intervento terapeutico doveva consistere in un messaggio di fiducia per ridare ai cittadini imprigionati nell’angoscia la possibilità di pensare che, con le dovute attenzioni, era possibile uscire e riprendere a vivere. Questa scelta controcorrente è stata compresa, accettata e apprezzata dai nostri utenti, che in più del 90% dei casi hanno scelto di recarsi personalmente nella sede delle consulenze piuttosto che procedere con la modalità on-line.
L’apprezzamento per la nostra strategia di intervento è testimoniato anche dall’aumento delle chiamate durante l’anno, soprattutto di quelle che sono giunte a noi attraverso la modalità del passaparola. L’andamento del 2020 è ancora più significativo se confrontato con il periodo equivalente del 2019, in cui invece si assiste a un progressivo calo delle chiamate nel corso dell’anno solare. Forse ancora più rilevante è il dato sulle caratteristiche anagrafiche degli utenti che chiamano il nostro centralino: mentre nel 2019 i nostri pazienti si collocavano prevalentemente nella fascia di età compresa tra i 40 e i 59 anni, nel 2020 invece la fascia più numerosa è quella compresa tra i 20 e i 39 anni. Questo dato è perfettamente in linea con quanto riportato dagli studi epidemiologici internazionali, che indicano come le conseguenze psicologiche del periodo COVID ricadano pesantemente sui giovani e sulle donne (Pierce et al., 2020).
Contrariamente a quanto avremmo potuto aspettarci, invece, lo stato di malessere psicologico di chi si è rivolto ai nostri servizi è minore nel 2020 che nel 2019. Dopo esserci interrogati a lungo su questo dato paradossale, abbiamo formulato un’ipotesi che, al momento, ci appare l’unica plausibile. Siccome tutte le indagini finora compiute indicano che il disagio della popolazione è in aumento, abbiamo necessariamente concluso che c’è una fetta crescente di disagio psicologico che non si tramuta (ancora) in una richiesta d’aiuto. Infatti, la clausura domestica costituisce spesso un “rifugio protettivo” dove le persone possono temporaneamente evitare di fare i conti con le difficoltà. A volte ci si può sentire addirittura sollevati, soprattutto quando le condizioni psicologiche erano già molto precarie. Tuttavia, quando si tornerà alla vita normale i nodi verranno necessariamente al pettine e quanto è stato finora procrastinato non mancherà di esigere il conto.
A tale disagio si potrà rispondere essenzialmente in due modi. Il primo, apparentemente semplice e certamente funzionale a un certo assetto politico ed economico, consisterà prevalentemente nel sostenere il progressivo ritiro dal mondo e il controllo tecnologico e medico sugli individui attraverso strategie di correzione funzionalistica e di adattamento al sistema (diagnosi stigmatizzanti, farmacoterapia, psicoterapia online, ecc.). Il secondo, invece, cercherà di intervenire non solo sugli individui che esprimono il disagio, ma anche sui contesti sociali e le abitudini di vita che lo hanno generato. Il nostro intento è quello di dare un piccolo e modesto contributo in questa seconda direzione.
pubblicato su 180.org