Maria Giulia Rizzi

Da alcuni anni sentiamo, sempre più spesso ormai, parlare di stalking nei telegiornali, nei talk show, nelle radio e nei programmi televisivi di approfondimento. Netflix propone il tema attraverso la serie “You”,  uscita di recente, il cui merito è di trattare il fenomeno in maniera piuttosto esaustiva ponendo l’accento sia su aspetti caratteristici della figura dello stalker, la sua storia, sia sulla figura della vittima e sull’inganno reiterato e continuativo che questa subisce e di cui inizialmente non si accorge.

Stalking: èun termine di origine inglese utilizzato in italiano per indicare una serie di atteggiamenti tenuti da un individuo, detto stalker , che affliggono un ‘altra persona, perseguitata, generandole stati di paura e ansia, arrivando a compromettere lo svolgimento della normale vita quotidiana.

Il termine deriva dal verbo “to stalk”, che in inglese significa “camminare furtivamente”, da qui stalker: “colui che cammina in maniera furtiva”, come un cacciatore in agguato.

Con questo termine si mira quindi a indicare un insieme di comportamenti molesti continui, costituiti da ininterrotti appostamenti nei pressi degli ambienti frequentati dalla vittima, intrusioni nella sua vita privata alla ricerca di un contatto personale per mezzo di pedinamenti , telefonate indesiderate, oltre a invii di lettere, biglietti, posta elettronica, sms, o oggetti non richiesti.

Secondo alcune ricerche condotte nel 2002, affinché si possa parlare di stalking, devono essere presenti almeno tre caratteristiche principali:

  1. Deve trattarsi di una serie di comportamenti intrusivi diretti ripetutamente verso uno specifico individuo, per un periodo continuativo di alcune settimane.
  2. Tali comportamenti devono essere esperiti come intrusivi e sgradevoli da chi li subisce
  3. Devono creare nella vittima una sensazione di disagio, paura e ansia

Le discipline psichiatriche coinvolte in queste ricerche individuano via via diversi filoni di studio. I primi contributi apparsi si sono concentrati sulla relazione tra comportamenti di stalking e psicopatologia nell’aggressore, individuando inizialmente nell’erotomania un modello offerto dalla psicopatologia classica utile all’interpretazione di alcuni casi. Queste prime ricerche hanno mostrato, però, come l’erotomania classica interessi solo una minoranza di casi di stalking (intorno al 10%). La definizione di stalking risulta difficile perché il fenomeno descrive una costellazione comportamentale complessa, che può avere diverse motivazioni anche, ma non solo, di pertinenza prettamente psicopatologica. Si ritiene essere un pattern di comportamenti trans-nosografici, una serie di attività che sfumano in comportamenti accettati socialmente e considerati normali, quali ad esempio i tentativi di ristabilire una relazione interrotta, ma che possono assumere per pervasività e persistenza nel tempo effetti psicologici sul destinatario e un alto rischio di violenza associato.

Lo stalker è colui che compie ciò che oggi viene definito reato di molestie assillanti, creando ansia e paura nella vittima. Non è ancora stata stabilita una classificazione ampiamente accettata delle caratteristiche dello stalker. Il persecutore o stalker può essere un estraneo, ma il più delle volte è un conoscente, un collega, un ex compagno/a che agisce spinto dal desiderio di recuperare il precedente rapporto o per vendicarsi di qualche torto subìto. In altri casi, invece, ci si trova davanti a persone con problemi di interazione sociale, che agiscono in questo modo con l’intentodi stabilire una relazione sentimentale imponendo la propria presenza e insistendo anche nei casi in cui si sia ricevuta una chiara risposta negativa. Meno frequente il caso di individui affetti da disturbi mentali, per cui l’atteggiamento persecutorio ha origine dalla convinzione di avere veramente una relazione con l’altra persona.

Sulla base delle motivazioni e del contesto delle molestie inferite dai ricercatori su un campione di 145 Stalkers , Mullen Et al, hanno riformulato la classificazione di molestatori in:

  1. Rifiutati: coloro che si oppongono alla fine di una relazione intima con azioni intese a ristabilire il controllo sulla vittima. I disturbi di personalità abbondano in questa classe ed è quella che più frequentemente mette in atto attacchi violenti
  2. I molestatori “in cerca di intimita’”: aggrediscono vittime sconosciute o conoscenze superficiali di cui si sono infatuati, con o senza la convinzione che l’amore sia corrisposto, nel desiderio di formare una relazione. In questa classe abbiamo erotomani, molestatori di celebritàe una consistente porzione di psicotici.
  3. Lo stalker “inadeguato”: sarebbe un corteggiatore fallito in cerca di partner. Spesso individui dalle scarse competenze sociali o intellettivamente limitati
  4. Il molestatore “rancoroso”: molesta per vendicarsi di un torto che percepisce di avere subito dalla vittima. Può soffrire di un disturbo di personalità in genere di tipo paranoide e tende ad abbandonare il comportamento solo se il costo in termini legali è troppo alto.
  5. Lo stalker “predatore”: segue e spia le vittime al fine di preparare un attacco, di solito una violenza sessuale, gratificando il desiderio di controllo e soddisfacimenti parziali di tipo sadico e/o voyeuristico.

Questa classificazione sembra avere una validità elevata almeno per quanto riguarda l’occupazione dello stalker, la durata delle molestie, il numero e i metodi diversi di molestie utilizzate e, in ultimo,  episodi di violenza e condanne.

A partire dalle scelte teoriche e dalle necessità pratiche esistono un gran numero di diverse classificazioni e raggruppamenti creati da esperti di diversi ambiti: nel 1995 Harmon, Rosner e Owens suddivisero gli stalkers in base alla natura del legame di attaccamento con le loro vittime o alla tipologia della relazione instaurata. Gli autori descrissero due stili di attaccamento degli stalker:

  1. attaccamento affettivo-amoroso
  2. Attaccamento persecutorio-irato 

In un articolo pubblicato sul Journal off Criminal Justice(patto, Nobles, fox, 2010) emerge una relazione tra stalking e teoria dell’attaccamento: nello specifico è stato riscontrato un legame tra la personalità dello stalking e i disturbi di personalità di asse II cluster B. Le caratteristiche dello stalker pertanto possono essere definite partendo dai modelli di attaccamento disfunzionale tra madre e bambino. Dai loro risultati emerge che un attaccamento ansioso insicuro-ambivalente è significativamente associato a comportamenti di stalking, mentre l’attaccamento insicuro evitante non lo è. Le tipologie di individui che presentano attaccamenti di questo tipo si caratterizzano per il loro elevato grado di angoscia nelle relazioni e tendono a mettere in atto atteggiamenti di protesta, gelosia e rabbia verso il partner.

E le vittime?

La letteratura scientifica americana èla prima ad essersi occupata della sindrome da Trauma da stalking (S.T.S.). Pur essendo una sindrome a se stante si rifà ad altre quali il disturbo post traumatico da stress e la sindrome da maltrattamento o rapimento. La s.t.s prevede l’esposizione ad un evento stressante, solo che, diversamente da quanto accade nel disturbi post traumatico da stress , l’evento non si palesa giornalmente. Anzi, la sua manifestazione è per la vittima imprevedibile sia rispetto all’ambiente che al momento. Il carattere di imprevedibilità può portare ad un sentimento di rassegnazione da parte della vittima, la quale può arrivare a ritenere che la fuga sia poco proficua. È così perché l’evento molestante è percepito dalla vittima come una condizione che non risulta avere né un inizio né una fine definibile. La s.t.s prevede sintomi quali: un senso di paura ed angoscia, unito a disagio e timore. La vittima non riesce néa rilassarsi néad essere felice, ècostantemente in stato d’allerta perchéha timore di essere controllata dallo stalker, teme che si verifichino sue intrusioni ed episodi di molestie. Per tali motivi la vittima non di rado è insonne, vive un costante senso di perdita di controllo in varie situazioni, prova sentimenti di ansia, disperazione, percezione di vulnerabilità, insicurezza e la comparsa di ricordi intrusivi, quindi nervosismo, ipervigilanza ed aggressività. Nel caso in cui la famiglia minimizzi il problema, la vittima può incrementare la condizione di isolamento e può arrivare al punto di ritenersi responsabile delle molestie dello stalker. A lungo andare questi sintomi, uniti ad un eventuale isolamento sociale e al profondo sconforto possono portare la vittima a vere e proprie patologie , quali depressione e attacchi di panico.

immagine di Linda Koskinen

pubblicato su 180.org