ECCO PERCHÉ CON LA PANDEMIA SONO AUMENTATI I DISTURBI ALIMENTARI
Durante la pandemia abbiamo assistito all’assalto dei generi alimentari. La cucina e i suoi programmi sono tornati alla ribalta con piatti della tradizione gastronomica e nuove ricette da sperimentare in casa. Il cibo e le sue varianti hanno giocato un ruolo fondamentale nel consolare le persone durante il lungo lockdown. Questa scelta è dettata non solo da un istinto di sopravvivenza legato alla pericolosità percepita, quindi al bisogno di nutrirsi per mantenersi in forza e non ammalarsi, ma soprattutto al ruolo che gli alimenti rivestono e hanno sempre ricoperto anticamente. Pensiamo ai neonati che durante l’allattamento hanno la possibilità di entrare in contatto e percepire intimamente l’altro da sé; infatti mentre assume il latte, il bambino guarda il genitore e nel suo sguardo si rispecchia, ascolta da vicino il battito del cuore, annusa l’odore della pelle e constata la sua realtà toccandolo. In questo preciso istante il piccolo, attraverso il latte, si rassicura e percepisce l’affetto del genitore.
Il cibo, quindi, veicola l’affetto e media la presenza dell’altro. Per tale motivo l’alimento ha la capacità, anche negli adulti, di tranquillizzare, perché simbolizza la presenza di chi protegge e si prede cura. Detto ciò, appare più comprensibile come mai durante il Covid i disturbi alimentari siano aumentati del 30%, in quanto questa pandemia ha sconvolto tutti: ha cambiato la nostra quotidianità, ci ha impedito di intrattenere relazioni sociali e soprattutto di poter stare vicino ai nostri affetti, poiché potenzialmente pericoloso.[Ritorno a capo del testo]Tutto questo ha scatenato un tumulto emotivo difficile da controllare e un immenso bisogno di essere rassicurati; è proprio in questo momento che l’uso del cibo assume o meno un ruolo fondamentale, a seconda di come ognuno di noi vive le proprie emozioni.
Per gestire la paura e l’ansia che deriva da questa situazione le reazioni possono essere: la mancanza di appetito o l’aumento della fame. Nel primo caso la sensazione di avere lo “stomaco chiuso” farà sì che le attenzioni e le preoccupazioni siano canalizzate in pensieri concreti, questo meccanismo servirà a sedare tutte le altre emozioni che non si riescono a gestire o a sentire. Nel secondo caso, invece, la sensazione di sazietà tenderà a creare uno stato di quiete, relax, conforto e supporto ovattando, momentaneamente, le emozioni negative che cercheranno di fuoriuscire nel successivo attacco di fame. Possiamo comprendere che il cibo e la relazione con esso (in questo periodo così difficile) serve a consolare, rassicurare o dimenticare momentaneamente le paure e l’incertezza che si immagina per il proprio futuro, con effetti avversi soprattutto sugli adolescenti.
pubblicato su 180gradi.org