Francesca Di Bastiano
Quella degli studenti fuori sede è una condizione che presenta numerose sfaccettature, contraddizioni e ambivalenze. Diventare studenti fuori sede è un prova evolutiva importante per coloro che decidono di continuare il proprio percorso formativo lontano da casa. È una condizione che pone i ragazzi e le ragazze in una continua altalena emotiva, tra il bisogno di trovare una propria autonomia e la paura di vivere lontani da un contesto familiare e sicuro.

Diversi possono essere i motivi che portano a scegliere questa strada: il desiderio di sperimentare e gestire una propria indipendenza, la voglia di vivere in una contesto diverso e più stimolante da quello di origine, o a volte più che una scelta è una condizione inevitabile per proseguire gli studi e raggiungere i propri obiettivi. Qualsiasi sia il motivo che spinge un ragazzo o una ragazza a diventare studente fuori sede, quello che accomuna tutti, trasferendosi, è la necessità di un cambiamento non solo materiale, ma soprattutto psichico, un insieme di compiti evolutivi che sia come individui che come membri di una famiglia devono affrontare. Spesso il periodo universitario coincide, infatti, con il passaggio dall’adolescenza all’età adulta, la fase del giovane adulto, espressione che richiama aspetti in contraddizione, perché proprio la contraddizione è la peculiarità di questa fase, la contraddizione tra l’essere per certi versi un adulto e per certi altri un giovane, con tutto ciò che questo comporta a livello emotivo. È una fase di transizione tra le due condizioni in cui la separazione emotiva e lo svincolo dalla famiglia di origine rappresentano i principali compiti evolutivi. Quello che tecnicamente viene definito “svincolo”, è quindi quella fase di passaggio dalla famiglia al mondo esterno che comporta una serie di disinvestimenti emotivi dalla prima ed una serie di investimenti nel secondo. Fase di passaggio che rischia di diventare, però, stabile e duratura se tutti i membri della famiglia non sono capaci di ridefinire le relazioni tra loro in maniera evolutiva.
I compiti evolutivi tipici di questo momento, possono rappresentare una dolorosa frattura con il passato, tale da minacciare in casi estremi, l’identità stessa del soggetto, i suoi punti di riferimento interni ed esterni, frattura che gli studenti fuori sede si trovano a dover affrontare in assoluta solitudine, o comunque lontano da persone affettivamente importanti, e che si manifesta sotto forma di spaesamento, impossibilità di inserimento e relative difficoltà di portare a termine l’obiettivo formativo (Mangia & Pes, 2004).
Come accennato questo periodo può essere il periodo delle forti contraddizioni e ambivalenze emotive che generano conflitti interni, la cui mancata soluzione può generare uno stato di impasse e quindi un blocco evolutivo. Quello dei fuori sede è un’esperienza in primo luogo di separazione, separazione dalla famiglia di origine, dalla città in cui si è nati e in cui si sono sperimentate le prime relazioni significative, separazione dagli amici, dai propri riferimenti sociali e culturali, ma è anche e soprattutto una separazione emotiva la cui difficoltà di gestione può portare a sperimentare vissuti di solitudine insicurezza e ansia. Uno dei conflitti emotivi in cui più frequentemente si può ritrovare lo studente fuori sede, conseguenza di un evento separativo, è generato proprio dal coesistere del bisogno di appartenenza al nucleo e ai luoghi di origine, con il desiderio di creare una nuova autonomia fuori casa. Questo conflitto può generare emozioni legate a un senso di isolamento ed emarginazione, straniamento, senso di sradicamento. Si percepisce il bisogno di mantenere l’appartenenza al luogo di origine e crearne una a quello in cui si sta vivendo, pur non sentendo di appartenere realmente a nessuno dei due. Questa sensazione di non appartenenza è il risultato in primo luogo di un atteggiamento ambivalente verso il luogo di origine la distanza dal quale, da una parte pone lo studente in una posizione critica, necessaria a favorire la separazione, dall’altra però fa si che si metta in atto una idealizzazione dello stesso senza lasciare spazio a un altro luogo di appartenenza. E’ proprio attraverso la possibilità di mediare tra queste due istanze, avendo interiorizzato il proprio luogo di origine, come un luogo non solo fisico, ma uno spazio emotivo interno, che si può superare il conflitto. Un luogo che rappresenti una base sicura e rassicurante, che si può lasciare per esplorare il mondo, con le esperienze fatte fino a quel momento, ma in cui si può anche tornare ed essere di nuovo accolti,
Quella dei fuori sede è un’esperienza di riadattamento ad una condizione nuova e spesso diversa, e lontana, da quella vissuta in famiglia. È una condizione di forti contraddizioni, dicevamo, di nuove scoperte e sperimentazioni ma anche di continui riadattamenti, in cui il desiderio di sperimentare quello che è diverso da sé si scontra con il bisogno profondo di cercare quello che è simile e conosciuto, dove diventa impellente mediare tra due mondi separati, quello da cui si proviene e quello che si sta scoprendo. È una fase in cui si ridefiniscono i confini emotivi e non solo, in cui spesso la parola d’ordine è condivisione, che a volte assomiglia di più a una spartizione, laddove si sta cercando di definire la propria individualità, il proprio spazio, spesso minato dall’impossibilità di averlo uno spazio perché si vive spesso in case, a volte camere condivise e precarie.
Quello dello studente fuori sede è un viaggio lontano da casa, il cui bagaglio è pieno di valori da perseguire, modalità di comportamento da applicare e scelte da fare, tramandate dalla famiglia da cui si proviene. Un bagaglio a volte pesante, quello degli studenti fuori sede, ragazzi che partono anche per risolvere questione familiari in sospeso, e che racchiudono nel loro percorso non solo le proprie aspettative, desideri, paure e speranze, ma anche quelle della famiglia di origine.
Quello degli studenti fuori sede è un lungo viaggio che necessita un bagaglio abbastanza grande da contenere quello che si porta con sé, ma anche quello che si trova durante il percorso.

Bibliografia
Bowen, M. (1979). Dalla famiglia all’individuo.Roma: Astrolabio.
Mangia , E., & Pes, A. (2004). Aspetti psicologici della impasse negli studi universitari: una ricerca pilota tra gli studenti dell’ateneo cagliaritano. Annali della Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Cagliari, vol. XXVII, Parte II,.
Pieragostini, G. (2001). Vicino al centro del mondo.Roma: Adisu.
Scabini, E., & Cigoli V. (2000). Il famigliare. Legami, simboli e transizioni. Milano: Raffaello Cortina.
Scabini, E. (1995). Psicologia Sociale della famiglia. Sviluppo dei legami e trasformazioni sociali.Milano: Bollati Boringhieri.
Immagini tratte dal libro Un Giorno, Alison McGhee
e Peanuts, Schultz.